Posted by on 10/07/2018

 

La parola giapponese Hikikomori significa letteralmente “stare in disparte, isolarsi” ed è utilizzata per riferirsi ad un fenomeno, originatosi appunto in Giappone, dove migliaia di persone hanno cominciato a ritirarsi dalla vita sociale e a vivere rinchiusi tra le mura della propria casa, se non addirittura  della loro stanza.

Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di Hikikomori anche in Italia, dove il fenomeno si sta diffondendo in maniera sempre più veloce. Cercando di rintracciare le cause di tale diffusione possiamo sicuramente individuare nel grandissimo sviluppo delle nuove tecnologie un fattore molto importante. Sono proprio queste ultime ad aver dato la possibilità di “rinchiudere” il mondo all’interno di una stanza. Oggi, grazie ad internet, videogiochi, streaming etc è possibile riuscire a mantenere un “contatto” con il mondo esterno anche restando nella comodità della propria stanza. E’ evidente che queste possibilità si incastrano perfettamente con un disagio che solitamente emerge durante l’adolescenza e che si struttura nella post-adolescenza. Spesso si tratta di ragazzi e ragazze che hanno difficoltà a stare in gruppo, che probabilmente hanno livelli molto bassi di autostima e che percepiscono il mondo reale come pericoloso e minaccioso. Risulta difficile ovviamente tracciare un profilo preciso ed attendibile dell'”Hikikomori” soprattutto se accettiamo l’idea che ogni forma di disagio psicologico ha sempre un’origine multifattoriale e complessa. Possiamo però immaginare la presenza di una struttura di personalità di tipo paranoide, caratterizzata da una massiccia proiezione dell’aggressività sul mondo esterno. Il risultato di questo incastro è il progressivo isolamento. Si comincia dall’evitamento delle situazioni sociali percepite come più pericolose e si finisce con il perdere ogni relazione reale, spesso sostituendole con quelle virtuali.
Il fattore tempo ha anche un’importanza centrale se consideriamo il fatto che, maggiore è la durata dell’isolamento, più difficile sarà poi riuscire a “riabilitare” questi ragazzi a tornare nel mondo esterno. Personalmente ritengo sia quindi molto importante intervenire tempestivamente, prima che il disagio si strutturi come chiusura totale.

Uno dei modi con i quali sicuramente si può intervenire è l’intervento domiciliare. La psicoterapia può chiaramente aiutare moltissimo nei casi di ritiro sociale ma molto spesso è difficile riuscire a portare i ragazzi presso lo studio del professionista. Una possibilità è quindi quella di portare il professionista a casa per cominciare un percorso di terapia che, rispettando i tempi del soggetto, possa lentamente fare breccia nell’isolamento e portare ad una significativa riduzione dell’aspetto fobico e paranoico del disagio.
Spesso la difficoltà più grande di questo tipo di problematica è che i genitori si trovano completamente disarmati, non sapendo come riuscire ad aiutare il proprio figlio e cadendo spesso in una disperazione che rischia di creare un clima familiare che  può portare ad un peggioramento della condizione di disagio. L’intervento domiciliare è chiaramente uno strumento che va utilizzato con l’accordo sia dei genitori che del ragazzo, prevedendo incontri periodici con tutta la famiglia per fare il punto sulla situazione e per discutere i progressi o le difficoltà che, di volta in volta, si presentano. Anche su questo aspetto la variabile tempo può essere molto diversa a seconda dei casi. Esistono situazioni nelle quali un intervento del genere può sbloccare facilmente le risorse del ragazzo che mostra  subito segni di miglioramento, e ne esistono altre per le quali è richiesto un lasso di tempo più lungo. Altro aspetto da tenere in conto è sicuramente il fatto che spesso questi ragazzi non accettano di buon grado l’idea di questa “invasione” da parte di uno psicologo nel loro mondo, rendendo molto difficile l’aggancio e la creazione di una buona alleanza terapeutica.
E’ compito del professionista riuscire a creare le condizioni ottimali per svolgere il lavoro, nel momento in cui il ragazzo manifesta una piccola apertura ad accettare almeno di fare qualche incontro di conoscenza reciproca.

Quello degli Hikikomori è, come già affermato, un fenomeno molto complesso e per il quale non esiste ancora una ricetta che possa garantire la risoluzione del disagio. Tuttavia ritengo che l’intervento domiciliare possa sicuramente essere una delle strade privilegiate da percorrere.

Per informazioni o richieste di intervento:

email: enzo.lucignano@hotmail.it

telefono: 3463103162

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